La Festa

Ero splendido. Avevo passato il pomeriggio a prepararmi per quella serata, ma il risultato ripagava gli sforzi; i capelli tagliati mi donavano un'aria giovane e di freschezza accentuata dalla barba appena fatta; un pizzico di gel rendeva la pettinatura intrigante. Il vestito che indossavo non era nuovo ma aveva un fascino particolare a cominciare dalla camicia bianca di cotone purissmo che sembrava luccicare da sotto la giacca nero antracite. Uscii e in men che non si dica ero alla festa; entrai e constatai la sorpresa negli occhi di tutti quelli che erano abituati a vedermi in jeans e felpa. Anche la casa era molto bella: luci calde, moquette che esaltava la sensazione confortevole che si percepiva, mobili sobri ma non vecchi, dai colori delicati. Ero felice: gli sguardi delle donne che mi avevano rifiutato ora erano tutti su di me: era la più bella rivincita che avessi potuto sognare. Iniziai però a sentirmi in soggezione, gli sguardi degli altri iniziavano ad essere un po' insistenti. Fu così che una ragazza che indossava una vaporosa pelliccia e gli stivali col tacco mi si avvicinò e mi sussurrò qualcosa nell'orecchio. Il mio volto cambiò espressione e io uscii accompagnato da una sequenza di risate dapprima trattenute poi sempre più fragorose man mano che mi allontanavo. La ragazza impellicciata mi aveva detto:"O bischero un tullo vedi che tt'ha' pestato un merdone e tu lo stai spalmando su tutta la moquette?"

 

La Spiaggia

Nel '98 mi trovavo in Sardegna in ferie; avevo deciso di andare a rilassarmi quindici giorni al mare e avevo scelto le acque cristalline del mare della Sardinia, fuggendo dalla calca e dal puzzo di piedi di Viareggio, S. Vincenzo e Cecina. Era una notte fresca e mi trovavo sulla spiaggia di Stintino (o era Porto Torres, non ricordo): il mare gettava le onde sulla spiaggia con un fragore e un ritmo che inebriava ma che quasi quasi rompeva i coglioni. Passeggiavo da solo cercando di non fare entrare la sabbia nelle mie All Star che già pesavano 2,5 Kg ciascuna da quanto si erano riempite, ma dopo la 3a svuotatura mi ero bell'e rotto e avevo deciso di tenerle così, maledicendo ovviamente il momento in cui mi ero dimenticato in continente le ciabatte da spiaggia. Camminando, camminando avevo perso la nozione del tempo nonchè della realtà dal momento che non riconobbi subito un carro attrezzi che trascinava la mia macchina rimossa per un divieto di sosta che non avevo visto. Mi rassegnai dopo aver tirato un treno di bestemmie ma soprattutto perchè vidi lei: una magnifica ragazza avvolta in una vaporosa pelliccia e con le pinne con i tacchi che mi guardava dal bagnasciuga e mi faceva cenno di raggiungerla, cosa che io feci istantaneamente. Mi sedetti accanto a lei e accompagnati dal rumore del mare cominciammo a parlare, ma ben presto la abbandonai perchè mi ero accorto che copriva, col rumore delle onde più forti, il rumore di certi cureggioni da far presagire il dì del giudizio!

 

Il Male di Vivere

A volte penso che non sono fatto per correre. Non sono fatto per muovermi ma  per stare fermo. E tutte le volte che provo ad uscire di casa subito qualcosa mi ferma dopo poco tempo. C'è sempre qualcosa che mi frena,  inevitabilmente, che mi rende immobile ed impotente. In quei momenti faccio  fatica a mantenere la traiettoria e affronto la pianura come se fosse  salita, con le gambe che diventano sempre più pesanti mentre il sudore mi  scende copioso dalla fronte. E mentre il mio sforzo si compie gli altri  passano veloci senza curarsi del mio dramma: sono solo, ridicolo in mezzo ad  un mondo che si muove ed io fermo, come un'escluso. E' questo che mi riempie di collera, di quella rabbia che sfocia in pianto. Sono allo stremo, sto per cedere: "ma possibile che tutte le volte che esco in bici mi si deve bucare  la ruota di dietro!"

 

Sul Treno

Riuscii a salire sul treno delle 7.25. La corsa che avevo fatto per salirci mi aveva sfiancato. Il mio motorino aveva imbarcato acqua come sempre in occasione delle piogge e rischiavo per questo di rimanere (come un bischero) a piedi. Cercai il mio posto: grondavo di sudore e il maglione mi si appiccicava sul petto che si gonfiava e sgonfiava (gonfio-sgonfio, gonfio-sgonfio ...) in un continuo sussulto, un intenso afrore di ascella invase la carrozza; il sudore dei piedi mescolato al sudicio nascosto tra le dita aveva formato un impasto simile allo stucco da cerbottana e mi incollava i calzini al plantare; la situazione era già critica dal punto di vista olfattivo quando ci si smise anche un fragoroso cureggione che mollai in mezzo allo scompartimento: cercai di dissimulare l'imbarazzo scrutando al di fuori del finestrino con sguardo corrugato, cercando di ingannare gli altri passeggeri mostrando preoccupazione per le condizioni metereologiche che stavano per subire un repentino cambiamento annunciato da quel rombo di tuono poderoso. Ma il puzzo mi tradì e fui abbandonato da tutti che alzandosi a poco a poco abbandonarono il vagone. Solo una donna era rimasta seduta, ma ora si alzava anche lei: era molto bella, vestita di una vaporosa pelliccia, portava gli stivali con i tacchi. Si avvicinò con passo lento verso di me..."Sotto la pelliccia non ho niente e mi fa un po' freddo: posso venire a scaldarmi accanto e te, magari tra le tue braccia?" "Mi rincresce", risposi, "se non le dispiace dovrei andare in bagno!" mi alzai di scatto ma un atroce strizzone mi attanagliò lo stomaco, il mio gioco di addominali non era stato sufficiente a domarlo: mi ero ormai cacato addosso...

Incontro in piazza D'Azeglio all'alba"
Il freddo di gennaio mi attanagliava la testa (e le palle) e camminavo spedito verso il luogo prefissato per l'incontro. Mentre camminavo pensavo dentro me:"Ma i pesci dormono?". Continuai il mio cammino assorto in tali riflessioni: sulla mia stada non trovavo nessuno, era l'alba, un'alba grigia di un giorno d'inverno senza sole, accompagnata da un vento sottile e gelido e dalle merde disseminate sul marciapiede che io, distratto dai pesci, pestavo puntualmente in fino alla caviglia con mio sommo rammarico. Arrivato in piazza d'Azeglio la vidi solenne, con quegli alberi spogli che protendevano in cielo i loro rami, come fossero tante mani rivolte in un'unica preghiera:"non ci fare andare in B!". A questo punto mi misi ad aspettare, ero stranamente in anticipo: incurante del freddo, incurante della minaccia di una pioggia imminente, incurante del cane che al guinzaglio del padrone mi pisciava generosamente sulle scarpe e i pantaloni. Ad un certo punto la vidi arrivare, avvolta in una pelliccia vaporosa, con gli stivali con i tacchi e un coscio di tacchino che le spuntava dalla tasca. Si avvicinò e con voce suadente mi disse:" Che ne diresti se andassimo a casa mia, ho un letto pulito e caldo che ci aspetta per fare tutto quello che vuoi...". Le risposi:"Guardi che ci deve essere un'equivoco: io ero venuto per le schede pirata di Stream e D+...".

Bilancia
Mi sveglio assonnato come ogni mattina, mi dirigo a passi lenti verso il bagno dove eserciterò il mio diritto alla pisciata; mi guardo allo specchio e vedo la solita faccia e in un angolo del bagno la vecchia  bilancia: quanto tempo è che non mi peso? Proviamo...metto un piede e poi l'altro, lentemente, e guardo: la bilancia fa fatica a stabilizzarsi, il display oscilla avanti e indietro, ecco, sta per emettere la sua sentenza:76kg! noooooo! mi sveglio, sono tutto sudato, ripenso a quelle paste mangiate dopo i lauti pranzi, ripenso a quelle sgranate fatte per le feste, a Natale, a Pasqua, la domenica, i compleanni, ripenso a tutto e corro in bagno, monto sulla bilancia....uffff! meno male, sono sempre 110Kg!

Sui binari di Campo di Marte in una giornata senza sole
"Cazzo le 7.10!" suono state le prime parole di stamani quando mi sono reso conto che mi ero riaddormentato e che il mio treno partiva tra 20 minuti da Campo di Marte. Balzo dal letto con un movimento felino che mi provoca la momentanea perdita dell'orientamento e con una pettinatura tipo Franco Franchi nel Pinocchio di Comencini e mi precipito in bagno dove scarico una pisciata tipo monsone nel fedele cesso di casa. ovviamente non faccio colazione, mi vesto allameno peggio, è già tanto che i calzini sono uguali. Ho deciso di non lavarmi dopo un rapido calcolo grazie al quale ho potuto constatare che è solo una settimana che indosso le stesse mutande. Monto sul motorino, esco dal cancello metto in moto:"Il casco, madonna..." mi trattengo, ma devo fare una corsa in casa per prendere quel cofano che mi ostino a chiamare casco. Finalmente parto, dopo 100 metri scatta la riserva: con un'acrobazia da circo equestre mi piego fino alla levetta della miscela e metto in riserva. Ripedalo per rimettere in moto, riparto alla volta di campo di marte. Ora è solo una corsa contro il tempo per prendere quel maledetto treno che mi porta dai parenti, una domenica mattina alle 7.30.... "Forse ce la faccio..." ed ecco che manca l'ultima dirittura prima della stazione; buco l'ultimo stop e parcheggio senza esitazioni e grande precisione nell'unico posto miracolosamente lasciato libero. mentre metto la catena alla ruota mi accorgo che il posto era libero perchè sull'asfalto in prossimità del marciapiede troneggia una cacata come di cavallo nella quale ora affonda la ruota del motorello. "Ci mancava anche questa!" scappo verso la biglietteria, tiro fuori qualche banconota e chiedo ad alta voce un biglietto; dall'altra parte del vetro un impiegato che scrive qualcosa su un terminale, flemmatico a tal punto che ti chiedi se ti ha sentito o se per lo
meno ti ha visto; senza nè un "buogiorno" nè un "arrivederci" il biglietto esce con il resto dalla fessura sottostante il vetro, l'impiegato nemmeno mi guarda in faccia e io penso "Ci mancava che mi scureggiasse in faccia...". "Binario 3!" corro, corro il cuore mi scoppia in petto arrivo al binario le
porte si stanno chiudendo, entro con un balzo e qualche spintone: ce l'ho fatta! mentre riprendo fiato e mi asciugo il sudore mi accorgo che gli occhi degli altri passeggeri sono tutti su di me: le mie mutande con sfumature marroncino-giallastre fanno bella mostra di sè perchè...MI SONO DIMENTICATO I PANTALONI!!!

 

Parabola n.1

"in quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: 'Era in Gerusalemme un uomo assai ben curato nell'aspetto e dal fisico impeccabile, non a caso era detto dal popolo 'il Tromba'; un giorno il Tromba camminava per le strade della città e incontrò un falso magro: subito i due si scambiarono uno sguardo: il falso magro di sottomissione e il tromba di sprezzante superiorità; il falso magro se ne stava andando rammaricandosi per essere un botolo di merda mentre il Tromba si dirigeva tutto tronfio e pieno di sè verso un bar lì vicino per bere una spuma alla faccia del faslo magro, formulando dentro di sè pensieri razzisti all'indirizzo del poveretto; ma prima di varcare la soglia del bar Erode, il tromba infilò la gamba in un merdone di cammello, rovinandosi irreparabilmente i costosi calzari che aveva comprato il giorno prima in un negozio di Nazareth; il falso magro accortosi dell'incidente si diresse verso il tromba cercando di aiutarlo rivolgendosi a lui con queste parole: 'ti sta bene stronzone!' e il tromba se ne andò bestemmiando come una ciminiera accompagnato dalle risate sempre più sguaiate del falso magro.' 'Cosa significa tutto ciò maestro?' chiese Pietro dubbioso e Gesù gli rispose: 'non lo so però io ciò tanto riso ieri quando l'ho visto!'"

Parabola n.2
"in quel tempo Gesù entrò nel tempio e trovandolo pieno di mercanti fu preso dall'ira e iniziò a ribaltare i banchi dei cambiavalute e dei venditori di animali da sacrificare e poi disse:'Avete trasformato il tempio di Dio in un mercato: andatevene da questo luogo santo!'; visto tutto quel putiferio Pietro (sempre lui) disse a Gesù: 'Signore, non ti pare di avere esagerato un po'?' e Gesù: 'Lascia fare, intanto ho fatto pulito così la prossima volta che si viene a Gerusalemme qui dentro ci si parcheggia le vespe , che ogni volta tocca lasciarle fuori le mura e poi son du' chilometri a piedi
per venire a far du' vasche il sabato sera!'

Parabola n.3
"in quel tempo Gesù disse a Pietro: "Pietro tu mi ami?" e Pietro: "Sì Signore io ti amo" e Gesù: "pasci le mie pecore..."
poco dopo Gesù chiese nuovamente: "Pietro tu mi ami?" e Pietro: "certo Signore, io ti amo" e Gesù: "pasci le mie pecore..."
infine il Signore domandò un'altra volta:"Pietro tu mi ami?" e Pietro: "certo che ti amo Signore!" e Gesù: "e allora vedi di portarle a pascolare 'ste pecore perchè io un ciò voglia!"